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Inflazione e deflazione: quale impatto sugli investimenti

Tempo di lettura: 5 minuti e 30 secondi

L’inflazione e la deflazione condizionano i consumi e i piani di produzione delle imprese, ma hanno anche un’influenza notevole sul portafoglio di asset degli investitori. Analizziamo i due fenomeni e capiamo in che modo proteggere i risparmi.

Con la moltitudine di eventi che hanno avuto un serio impatto sui mercati finanziari, in primis la pandemia globale da COVID-19, oggi è più che mai confermata l’importanza di investire in una prospettiva di lungo periodo, tenendo conto delle tendenze inflazionistiche e deflazionistiche e delle loro conseguenze su investimenti e debito pubblico.

Cos’è l’inflazione

L’inflazione rappresenta un aumento generalizzato dei prezzi, al quale è tradizionalmente associata una perdita di valore del denaro.
Facciamo un esempio: se l’anno scorso un caffé lo pagavamo 1 euro, con una banconota da 10 euro potevamo comprare dieci caffé. Immaginiamo che quest’anno il prezzo del caffè sia aumentato di 10 centesimi, dunque ora costa 1,10 euro. Adesso, con la stessa banconota da 10 euro, possiamo comprare nove caffè. Abbiamo perso, dunque, potere d’acquisto.

Possiamo individuare tre cause principali che determinano fenomeni inflattivi:

legge della domanda e dell’offerta: se la richiesta di un particolare bene/ servizio supera l’offerta, i prezzi dello stesso tenderanno a salire;

aumento dei costi di produzione: se il costo delle materie prime o dei beni energetici necessari a produrre un determinato bene/servizio aumentano, aumenterà il costo complessivo di produzione del bene/servizio e, pertanto, anche il prezzo finale pagato dal consumatore. Per esempio, se il prezzo del petrolio aumenta, aumenterà anche il costo dell’energia sostenuto dalle aziende per la produzione di beni/servizi;

politiche monetarie: l’immissione di nuova massa monetaria in circolazione causa generalmente un aumento dellinflazione, anche se non è sempre così.
È il caso degli Stati Uniti: nel 2020, la politica monetaria americana ha generato nuova liquidità in circolazione, ma ciò non ha causato una crescita dell’inflazione. Perchè? È bene introdurre il concetto di “money velocity”, un parametro che misura la velocità di circolazione della moneta.

Facciamo un esempio concreto: una famiglia decide di spendere 100 euro per una cena al ristorante. Il ristoratore utilizzerà quei 100 euro per comprare delle scorte di vino per il suo ristorante. A sua volta, la cantina da cui ha acquistato il vino utilizzerà i 100 euro guadagnati per l’aquisto di tappi di sughero. Vediamo come da 100 euro è stata generata una spesa complessiva di 300 euro. In questo caso, il money velocity sarà pari a 3.
In uno scenario opposto, in cui il ristoratore non ha speso i 100 euro guadagnati, tenendoli sul suo conto bancario, il money velocity sarebbe pari a 1. Pertanto, se il denaro non si muove, non avremo tendenze inflazionistiche.

Cos’è la deflazione

La deflazione è il fenomeno opposto all’inflazione: una riduzione generalizzata del livello dei prezzi.

Riprendiamo l’esempio del caffè: se il caffè quest’anno costa 90 centesimi, dunque 10 centesimi in meno rispetto allo scorso anno, se l’anno scorso con una banconota da 10 euro compravo 10 caffé, quest’anno riuscirò a comprarne 11. Vediamo dunque come la deflazione ha aumentato il mio potere d’acquisto.

Nonostante ciò, è bene non considerare la deflazione come un fenomeno generalmente positivo. Infatti, così come l’inflazione, anche la deflazione è correlata ai concetti di occupazione e disoccupazione.

Una tendenza deflazionistica potrebbe coincidere con un periodo di crisi e depressione economica, caratterizzato da una diminuizione della domanda e dei consumi nonché da una compressione dei salari. Se le previsioni della domanda non sono positive, gli imprenditori rivedranno al ribasso i propri piani di investimento in produzione e assunzioni, generando un aumento della disoccupazione.
Questo contesto sarebbe terreno fertile per la nascita di fenomeni inflativi.

La deflazione in pandemia

Nel 2020, l’Italia è tornata in deflazione, una deflazione definita “da covid” o “da lockdown”. Infatti, i mesi di chiusura per scongiurare l’aumento dei contagi hanno portato a un congelamento quasi completo di diverse tipologie di consumi. È il caso di settori come il turismo, i consumi energetici, la ristorazione e l’abbigliamento e tessile. Al contrario, industrie come l’e-commerce o le piattaforme per video-conferenze sono state favorite dalla pandemia, grazie al crescente fenomeno dello smart-working.

Nonostante questo, la deflazione media stimata in Europa è risultata pari allo 0,3%. Perchè, dunque, la deflazione ha registrato un’andamento così ridotto?

Possiamo individuare tre principali motivi:

  • nonostante il lockdown, la filiera dei beni prima necessità ha continuato a essere operativa;
  • la distribuzione ha dovuto sostenere nuovi costi legati, per esempio, alla consegna a domicilio, alle nuove obbligatorie procedure per la sanificazione dei luoghi di lavoro, etc.;
  • data la riduzione dell’offerta di interi panieri di beni/servizi, abbiamo assistito a una compressione dei consumi sui beni di prima necessità, la quale ha comportato un aumento dei prezzi.

Pertanto, da deflazione è stata compensata da spinte inflattive che hanno caratterizzato alcuni tipi di consumi favoriti dalla situazione di lockdown.

L’impatto sugli investimenti

Come accennato, sia l’inflazione che la deflazione condizionano i rendimenti dei portafogli di investimento, seppur con modalità differenti.

Parlando di inflazione, un esempio classico di come impatti gli investimenti è quello relativo ai conti deposito: ipotizzando un’inflazione annua dell’1% e un conto deposito con un rendimento dello 0,5%, impulso inflazionistico causerebbe al risparmiatore una perdita dello 0,5%.

Dall’altro lato, il rendimento di alcune asset class è direttamente proporzionale all’aumento del tasso d’inflazione, per esempio il real estate.

L’immobiliare, infatti, che sia l’acquisto fisico di un immobile che una quota di un fondo immobiliare (in questo caso, il dividendo riconosciuto all’investitore) tende a rivalutarsi con l’inflazione, sia in termini di prezzo di vendita dell’immobile che di affitto.

Esistono inoltre prodotti finanziari che permettono all’investitore di godere di una certa copertura dai processi inflattivi, le cosiddette obbligazioni “inflation-lined”. Si tratta di particolari categorie di obbligazioni il cui pagamento delle cedole o il valore di rimborso è rettificato dall’inflazione.

Per quanto concerne la deflazione, invece, tale tendenza riduce il valore degli immobili (fenomeno a cui abbiamo assistito durante la pandemia, in cui i prezzi di vendita e affitto degli immobili sono crollati), e può inoltre peggiorare la performance di un’azienda comprimendone le vendite a causa di una riduzione dei consumi e dunque, di riflesso, anche il valore delle sue azioni quotate in Borsa.

La deflazione penalizza i debitori in quanto resituirà un importo reale da pagare maggiore rispetto alla somma ricevuta in prestito o mutuo e, specularmente, avvantaggia i creditori.

Per tali motivi, in tempi di spinte deflazionistiche, il mercato obbligazionario può rappresentare una buona soluzione a protezione dei risparmi in quanto, acquistando un’obbligazione, l’investitore assume la posizione di creditore nei confronti della società o dello Stato che la emette.

In ogni caso, al fine di ridurre il rischio, è sempre fondamentale investire in un’ottica di diversificazione.

 

Se sei interessato ad approfondire i processi di inflazione e deflazione, con uno sguardo storico sulla svalutazione della Lira e l’analisi di fenomeni più rari quali iperinflazione e stagflazione, ti invitiamo ad ascoltare l’episodio dedicato del podcast Hello Finanza, in cui intervistiamo Emanuele De Biasi, divulgatore finanziario e fondatore del blog P2P Investing.

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